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MUSEO DELLA CITTA’ – MONTE PORZIO CATONE

Collocazione: Il Museo occupa quattro sale della Canonica del Duomo, parte integrante della fabbrica del 1666 dovuta a Carlo Rainaldi, anche se l’ultimo ambiente sembra appartenere alla precedente fabbrica voluta da papa Gregorio XIII risalente al 1580.

 Il racconto della storia dell’insediamento urbano e del suo territorio si articola in altrettante sezioni: sala I, accoglienza e introduzione; Sala II, periodo antico, fino alla distruzione di Tuscolo (sezione archeologica); sala III, periodo moderno, dal sec. XIV alla fine del sec. XVIII (sezione storico-artistica); Sala IV, periodo contemporaneo, dall’Ottocento ad oggi (sezione archivistico-documentaria).

Le sale del Museo della Città nel 2019 hanno accolto diversi eventi e una personale di pittura, tutte curate dall'Associazione Amici dei Musei di Monte Porzio Catone.

Il Museo è stato aperto fino a fine febbraio 2020.

SALA I – Accoglienza

Sulla parete sinistra, un’anticipazione della sala successiva, una statua acefala di togato risalente al II sec. d.C., facente parte del materiale archeologico recuperato dalla Guardia di Finanza nel 2015, in deposito presso il  Museo

Sul lato destro, si inizia la visita con una panoramica del territorio (conformazione orografica evidenziata dal plastico) e del patrimonio culturale in esso contenuto; l’esemplificazione grafica, supportata dalla visione aerea, rimanda all’elenco numerato delle cose notevoli, identificate ciascuna da un’immagine.

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SALA II – Sezione archeologica

 Il materiale esposto, ordinato tendenzialmente in ordine cronologico, comprende tre sezioni tematiche: I. Tuscolo prima di Tusculum; II. Tusculum e il territorio di Monte Porzio in età romana; III. La roccaforte dei Conti di Tuscolo.

 Nella prima vetrina, reperti  ceramici dell’età del Bronzo finale e del Ferro, fra cui notevoli un’anfora integra (sec. IX-VIII a.C.), e parte di un corredo funerario con un anfora a coppie di anse crestate, tazza con ansa bifora cornuta e una fibula in bronzo “a navicella” (sec. VIII-VII). Si tratta di materiale pertinente insediamenti precedenti alla formazione urbana di Tusculum, da porre intorno al sec. VII, descritta nel successivo pannello.

 Nella seconda vetrina, un breve salto all’indietro nel tempo, con i materiali più antichi, risalenti all’età neolitica (V- III millennio a.C.), fra cui una testa di martello ricavato da un ciottolo (la montatura è moderna).

 Con la terza vetrina entriamo nella piena età classica: Tusculum è un municipio importante e attorno alla città sorgono, a partire dalla tarda età repubblicana, sontuose Villae, residenze extraurbane della facoltosa aristocrazia Romana: qui il materiale proviene dalla grandiosa Villa che sarà poi occupata dall’Ottocentesca Villa Gammarelli, con un frammento di intonaco dipinto raffigurante un uccellino (una ghiandaia) che possiamo considerare la mascotte del Museo, ed una cornicetta  modanata in stucco policromo, i cui colori sono ancora evidenti, entrambi databili fra la fine del I sec. a.C. e l’inizio del successivo.

 *I reperti, tutti pertinenti il territorio tuscolano (ager Tusculanus), hanno diversa provenienza: raccolte a cura del Gruppo Archeologico di Monte Porzio, attivo negli anni ’70, prestiti da parte del Museo Nazionale Romano, risultanze dei saggi archeologici al Barco Borghese e a Villa Gammarelli, depositi da parte della Guardia di Finanza, donazioni di privati.

Sulla parete di fondo, materiale proveniente dal Museo Nazionale Romano, fra cui un notevole mosaico policromo, emblema, cioè pannello centrale di un pavimento o di una parete, raffigurante due galline faraone intente a beccare un ramoscello e delle lumache cadute da un cesto rovesciato, opera molto raffinata realizzata in opus vermiculatum, con tessere minuscole, risalente al III sec.

 Accanto, un Ercole fanciullo, forse frammento di sarcofago, risalente al II sec.; una lastra iscritta (Sodales lusus iuvenalis) che ci informa di una organizzazione collegiale di giovani e di un’esibizione con combattimenti incruenti; un frammento di statuetta raffigurante un satiro.

 A terra, il coperchio marmoreo di un cippo funerario raffigurante un’aquila;  transenne marmoree; tre blocchi in pietra sperone (lapis Gabinus), con iscrizioni, provenienti dall’area della città.

  Nella quarta vetrina (passante) sono raccolti reperti vari, fra cui una testina in terracotta, una piccola testa di satiro in stucco, lucerne, frammenti di arule e di teste votive, ceramiche comuni da cucina, un frammento di terracotta raffigurante la testa di un grifone.

Il pannello seguente offre una panoramica delle aree archeologiche riconosciute nel territorio di Monte Porzio (tutte Villae, meno Tusculum, in basso).

 La quinta vetrina ospita materiale proveniente dai recenti scavi al Barco Borghese: una antefissa con Vittoria alata, un’altra antefissa a palmetta, lastre traforate con motivi decorativi e con scene figurate (“scena di vendemmia con Satiri affrontati”, una figura femminile, un leone alato, maschere teatrali) una piccola lastra con ovoli.  In basso, un Boccale in ceramica aretina, raffigurante una scena di libagioni, attribuibile alla nota bottega di Lucius Annius (età augustea). Alcuni di questi pezzi mostrano ancora tracce di colore, a ricordarci che il mondo antico era a colori (anche le statue)…

… E probabilmente anche la seconda Statua di togato, risalente al II sec. d.C., che si trova al centro della sala.

 Dopo la serie di monete antiche, si passa alla III Sezione, che offre un cenno sintetico della stagione medioevale di Tuscolo, certo non meno importante storicamente di quella antica, dominata dalla famiglia dei Conti di Tuscolo (la famiglia che ha dato il maggior numero di Papi alla Chiesa, eppure di tendenza filo imperiale); attraverso le drammatiche vicende della Battaglia di Monteporzio (la “Canne del Medioevo”) si giunge alla tragica vendetta del popolo di Roma, che distrugge la città nel 1191 (la “Cartagine del Medioevo).

 Una punta di lancia in ferro, due Bolle plumbee Papali (Alessandro III e Lucio II) e alcune monete (“provisini”) testimoniano questi tempi oscuri.    

 

SALA III – Sezione artistica – Dal Castrum a Monte Porzio

 Dalla villa(?) insediatasi sul poggio di origine vulcanica posto a mezza altezza fra Tuscolo e la pianura, si passa ad insediamenti modesti, a più riprese abbandonati e ricostruiti, attraverso varie proprietà feudali e varie denominazioni (pannello); questo lungo periodo di formazione è testimoniato da una brocca in maiolica decorata risalente alla fine del XIII sec.  C’è da notare che l’abitato non è mai stato oggetto del fenomeno dell’incastellamento (non è stata, cioè, una sede fortificata di famiglie feudali).

 Di fatto, la storia del sito prende forma compiuta con l’arrivo degli Altemps e la formazione dello Status Tusculanus. Gregorio XIII, ospite a Villa Mondragone, costruisce la prima chiesa, raffigurata nel quadro delle sue opere edilizie, a Roma ben più impegnative! (il cui disegno schematico è il logo del Museo). Il pannello, a corredo della nota stampa di Athanasius Kircher del 1675, Schematismus villarum Tusculanarum, espone queste vicende, con dei focus  sulle famiglie Altemps e Borghese e sui Papi Gregorio XIII Boncompagni e Paolo V Borghese. I suoi eredi, per espressa volontà di un suo lascito, edificheranno nel 1666 il nuovo Duomo, opera di Carlo Rainaldi.

 La riorganizzazione urbana del borgo è affidata al Vasanzio, architetto anche del Palazzo Borghese.

 Testimonianza dell’epoca d’oro della famiglia è il Crocifisso processionale, opera di ottima fattura in legno di ciliegio ascrivile alla metà del XVII sec., su croce decorata più tarda in legno di castagno. Ai lati, una coppia di lanterne processionali, con i simboli araldici dei Borghese, l’aquila e il drago. Questi oggetti, di proprietà della Confraternita del Ss.Sacramento, sono ancora in uso per gli eventi religiosi (e non sono più esposti nel museo, se non per eventi).

 Si passa alla prima vetrina, preceduta dal pannello che illustra la formazione del Butto (immondezzaio) centrale di Monte Porzio, che ha determinato l’espansione verso valle e la forma arrotondata della Piazza Borghese.

* I “butti”, presenti sin dall’antichità e in ogni centro abitato, sono preziosi non tanto per l’eventuale rinvenimento di oggetti di valore artistico, bensì come fonte per la conoscenza dell’”Instrumentum domesticum”, cioè quell’insieme di (frammenti) di oggetti d’uso comune, per lo più ceramiche, che hanno accompagnato la vita di una comunità.

 Sono qui mostrati i frammenti delle suppellettili di materiale ceramico recuperati da piccoli saggi nella montagnola così formatasi attraverso l’uso di almeno tre secoli, fra cui ceramiche da tavola, piatti, brocchette, ciotole, un orcio praticamente intero, acquasantiere, con decorazioni varie spesso di animali (aquile, uccelli, api e la testa di un negro), che gli studiosi possono ricondurre a specifiche botteghe di artigiani. Inoltre, fornelli decorati di pipe, statuette di presepe e (nella successiva piccola bacheca) una serie di medagliette devozionali, fra cui una con scritta in lettere cirilliche.

 I dipinti ci conducono dapprima all’Eremo di Camaldoli, risalente al 1605 come donazione di papa Paolo V: una Vergine con Bambino, fra i Santi Domenico e Giovanni Evangelista, tela risalente al 1612, commissionata da Monsignor G.Domenico Spinola, genovese, per una cappella dell’Eremo, opera riconducibile all’ambito di Durante Alberti (1556-1613).

 Segue una Vergine Assunta con i Santi Benedetto, Romualdo e Bernardo di Chiaravalle, tre fondatori di altrettanti Ordini Religiosi. La notevole qualità dell’anonimo dipinto, specialmente nell’ordine inferiore, ha fatto pensare alla mano di Pier Leone Ghezzi, ospite dell’Eremo in quegli anni, certamente precedenti al 1772, anno della ricostruzione della Chiesa, che qui appare ancora nella versione secentesca.

*Le due tele sono state mostrate per la prima volta, e restaurate, in occasione della mostra “Invito a Camaldoli”, svoltasi in questi locali nel 2005, congiuntamente al resto del patrimonio pittorico e documentario dell’Eremo (Catalogo in vendita).

 Dopo il pannello dedicato al Duomo*, due dipinti di Scuola Romana riferibili al primo Settecento, provenienti dall’Oratorio di Sant’Antonino; una Madonna con ghirlanda floreale, e uno Sposalizio della Vergine, entrambi di autori anonimi.

*Si consiglia una visita al Duomo, ai cui altari si possono ammirare le pale di Giacinto Brandi (al centro), del Borgognone (a sin.) e di Ciro Ferri, oltre molte altre opere d’arte.

 Ci riporta al Duomo la vetrina dedicata agli arredi sacri, alcuni reliquiari sette- e ottocenteschi e un raffinato Calice d’argento, manifattura romana della metà del sec. XVIII.

 Anche le monete che seguono provengono dal Butto, e ci testimoniano, attraverso quattro secoli, la sbadataggine non solo di possessori di monete locali  (grossi, baiocchi e mezzi baiocchi), ma anche di zecche straniere ( quattrino, doppio tornese, persino un Paraottomano del Cairo), nonché un gettone da gioco (spiel marken) proveniente da Norimberga!

 Ed eccoci alla stagione del Grand Tour, introdotta dal pannello in cui sono raffigurate le immagini del Casale Brandi, durante una festa di Sant’Antonino (è visibile sulla sinistra una mongolfiera!), un’Osteria di Monte Porzio di B. Pinelli e la più nota visione del Teatro di Tuscolo, di Gustav Wilhelm Palm, pittore svedese (1810-1890) autore del piccolo dipinto Paesaggio della Campagna Romana, probabilmente una prospettiva ripresa dalla collina del Tuscolo con Monte Porzio in primo piano.

 I pannelli scorrevoli contengono alcune stampe delle mete dei viaggiatori nel nostro territorio, che coprono un arco temporale dal XVII al XIX sec.: Monte Porzio (C.C. Bourgeois); );  Tuscolo (J.Mayer-H.U.Franck, da A. Kircher, A.Moschetti, D.Amici); Villa Mondragone (I.Silvestre, J.Mayer-H.U.Franck, Ch.Percier-P.F.L. Fontaine, Vicomte de Senonnes)); Villa Taverna-Parisi (Ch.Percier); Eremo di Camaldoli (P. Mortier, A.J-B. Thomas); Villa Taverna-Borghese-Parisi (Ch. Percier- P.F.L. Fontaine)

 La campana bronzea proveniente da una cappella distrutta, datata 1768, con iscrizione, chiude il panorama del Settecento.

 

Sala IV – Sezione documentaria – Dall’Ottocento ai giorni nostri

 Il primo pannello ci fa rivivere il clima arroventato che scuote la sonnolenta Monte Porzio feudale  nel periodo della Repubblica Roma (1798-99) alla notizia della prigionia di Papa Pio VI: un macabro “pizzino” di sdegnata protesta contro i G(i)acobini viene affisso clandestinamente al portone del Comune, e immediatamente rimosso; qualche giorno, dopo, un secondo volantino, contenente  una sfilza di improperi e maledizioni contro gli stessi, ha la medesima sorte (il testo, in italiano approssimativo, è riportato nel pannello).

 Il clima degli avvenimenti successivi (occupazione napoleonica e ritorno del Papa Pio VII) è ben testimoniato dall’abisso culturale che divide i due manifesti; il primo, un’Ordinanza del Prefetto di Roma Tournon, del 1815, dispiega un linguaggio moderno, burocratico, si direbbe attualissimo; nel secondo, della Suprema Corte di Stato, del 1817, ripristina un linguaggio aulico e involuto, con il fine ultimo di allietare i sudditi papali, per lo scampato pericolo, con nuove tasse!

 Seguono Un “Motu Proprio” di Pio Vii e un Editto del Cardinale Pacca.

 Il secondo pannello documenta il fenomeno del Brigantaggio, sviluppatosi in quegli anni soprattutto in Ciociaria; un Regolamento, un Avviso (una sorta di “Wanted” con lista di malviventi, fra cui il famoso Gasbarrone di Sonnino), alcune Notifiche, ricevute autografe da parte dei “Cacciatori” di Monte Porzio (Compagnie assoldate localmente come ausilio alle Forze dell’Ordine), e, infine, la testimonianza di un episodio clamoroso: il rapimento, con lieto fine, dei Frati di Camaldoli da parte della banda di A.Vittori, il primo della citata lista; l’evento ebbe tanta risonanza che, dopo vari anni, ne fu fatta una cartolina (!), con l’indicazione dei protagonisti, individuati da numeri…

 Seguono due opere provenienti dal Duomo: la prima è una tela ovale inserita nella cornice decorata originale, raffigurante San Giuseppe e il Bambino, attribuito a Cesare Mariani, datato 1864 (la firma C.Mariani e la data compaiono sull’orlo della manica del Santo), pittore e decoratore attivo a Roma e presente anche a Frascati (1826-1901), esponente della corrente accademica romana continuatrice dei modelli nazareni, tendente alla perfezione Raffaellesca, attivo in molte chiese di Roma. Quindi, una Mater Dolorosa, acquaforte disegnata da Michele Koch ed incisa da Nicola Aureli, del 1825, desunta da un dipinto del Guercino (Giovan Francesco Barbieri) intorno al 1630, che del modello riproduce i forti contrasti chiaroscurali con tecnica sopraffina.

 Nella successiva vetrina sono raccolti, nel registro superiore, Documenti Storici provenienti dalla Biblioteca dell’Eremo di Camaldoli, e in quello inferiore, alcuni libri (Messali), dall’archivio del Duomo, che vanno dal XVII al XIX Sec., fra cui, curiosamente, un’Edizione delle Commedie di Goldoni.

  Il primo pannello della parete destra racconta della costruzione del Cimitero di Monte Porzio, prima opera pubblica di rilievo della nuova era unitaria, e simbolo stesso dell’ingresso del Paese nella modernità; dalla prima scelta della sede, a quella definitiva, attraverso i vari bozzetti del progetto.

 Intanto, scoppia la febbre del Tuscolo; dalla metà del secolo, ai primi del novecento, grandi archeologi italiani e stranieri (fra tutti Luigi canina a Thomas Ashby, qui raffigurato nella celebre foto con cui percorreva in lungo e in largo la Campagna Romana) sono protagonisti della “riscoperta”del Tuscolo, dopo le razzie di Luciano Bonaparte. Ma in verità, anche i cittadini comuni non erano estranei a tale entusiasmo, come testimonia il disegno di un cittadino che si cimenta ad immaginare l’aspetto monumentale della città antica.

 In ogni caso, Sant’Antonino resta sempre vigile, come appare evidente nella seconda vetrina, che ospita due quadretti devozionali, per grazia ricevuta, provenienti dall’omonimo Oratorio e risalenti alla seconda meta dell’Ottocento; salva un malcapitato caduto da cavallo e, in una scena un po’ più criptica, un altro personaggio dall’incendio di un bosco, presso una sorta di altare.

 Torniamo alle occasioni dei festeggiamenti cittadini: spicca l’evento dell’inaugurazione della fontana in Piazza Borghese (la “Madama”) e l’erogazione dell’acqua pubblica, documentata dal biglietto d’invito alla manifestazione (sul retro il programma, con partenza di buon’ora da Roma!), da un bozzetto in corso d’opera della scultura (con correzioni a penna) e dalla medaglia bronzea dedicata dalla  popolazione  al Sindaco Cavalier Tommaso Ricci, quale benemerenza per il compimento dell’opera (1887).

 Sono presenti altre testimonianze, come il manifestino del Programma della Festa di Sant’Antonino di quell’anno, una “Distribuzione di premj” agli scolari (1845) e l’invito ad uno spettacolo di beneficienza presso la“Società Filodrammatica”(1887).

 Ultimo episodio rilevante nel territorio comunale, la costruzione dell’Osservatorio Astronomico*, la cui intrigante storia è sintetizzata nell’ultimo pannello, iniziata nel ’38, su progetto di G.Sacchi e A.Cugini, e termimata molti anni dopo l’interruzione della guerra.

* Si raccomanda la visita alla struttura, che contiene un piccolo Antiquarium degli scavi della sottostante Villa di Matidia Augusta, oltre a strumenti astronomici storici e alle stupende Tavole Sciateriche di Athanasius Kircher.

 Una raccolta di vecchie foto conclude la rassegna documentaria.

 Infine, una riproduzione del costume tradizionale locale, desunto dall’acquarello di anonimo, della prima metà del XIX sec., che riproduce una “Donna dell’ Monte Porcio”.

 

** All’esterno, materiale archeologico vario, proveniente dal citato sequestro, fra cui un massiccio sarcofago in marmo Proconnesio del III sec. e una colonna in marmo Cipollino.

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